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Eventi idrogeologici catastrofici nel dopoguerra in Italia

Descriviamo alcuni degli eventi di frana e d'inondazione più catastrofici avvenuti nel dopoguerra in Italia. Lungi dall'essere uno studio esaustivo degli eventi di piena e d'inondazione con conseguenze catastrofiche, ha lo scopo di porre in una prospettiva storica l'impatto che le frane e le inondazioni hanno avuto in Italia.

Il 18 novembre del 1951, a seguito di piogge intense e prolungate in ampi settori delle Alpi e dell'Appennino Settentrionale, il Fiume Po ruppe gli argini di sinistra ad Occhiobello, Malcantone e Paviole, in provincia di Rovigo, provocando la più vasta inondazione del XX secolo. Le acque del Po inondarono la città di Rovigo e numerosi paesi, fra cui Adria, Loreto e Cavarzene, e circa 980 chilometri quadrati di campagna in 38 comuni del rodigino. Le vittime furono 138, fra cui 123 morti, 7 dispersi e 8 feriti, e gli sfollati e senzatetto almeno 140.000. Si contarono almeno 52 ponti distrutti, 1200 abitazioni e 9000 strutture agricole distrutte o danneggiate. I danni all'agricoltura furono particolarmente severi; si contarono oltre 13.000 animali morti o dispersi, 100.000 tonnellate di grano andarono perdute, e oltre 21.000 ettari di coltivazioni diverse furono danneggiate. L'inondazione colpì una regione già molto povera ed economicamente poco sviluppata, costringendo parte della popolazione ad emigrare in altre regioni italiane.

 

Il 25-26 ottobre 1954, colate di fango e detrito prodotte da piogge particolarmente intense inondarono alcuni quartieri di Salerno e cinque paesi limitrofi (Cava dei Tirreni, Maiori, Minori, Tramonti e Vietri) causando danni ingenti alla popolazione ed alle cose. Vi furono 318 fra i morti ed i dispersi, 157 perone ferite, ed almeno 5466 fra sfollati e senzatetto. Le strade e la ferrovia che collega Napoli con il meridione d'Italia vennero distrutte in più punti.


Il 9 ottobre 1963, alle 20:39, fra 240 e 300 milioni di metri cubi di roccia si staccarono dalle pendici del Monte Toc, ai confini delle province di Belluno e Pordenone, e scivolarono nel lago artificiale del Vajont. L'enorme frana in roccia, una delle più ampie nelle Alpi in epoca storica, spinse l'acqua dell'invaso contro Casso ed Erto, due villaggi posti sul versante opposto a quello dal quale si staccò la frana, ed oltre la diga artificiale. Un'onda di alcune decine di metri d'altezza superò la diga, quasi senza rovinarla, e raggiunse in pochi minuti l'abitato di Longarone, che venne inondato e distrutto alle 20:46, 7 minuti dopo il distacco della frana. La disastrosa frana del Vajont provocò la morte di almeno 1921 persone, di sui sette a San Martino,almeno 151 a Frasègn, le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, 54 in un cantiere nei pressi della diga, 109 nel paese di Castellavazzo, a nord di Longarone, ed almeno 1759 a Longarone ed a sud del paese, lungo la valle del Piave. La notizia del disastro fece il giro del mondo. Negli Stati Uniti l'Herald Tribune intitolò: "Vajont Dam: Warning Ignored".

 

Tre anni dopo, il 3 e 4 novembre 1966, Firenze venne inondata da una piena dell'Arno. L'inondazione provocò danni ingenti in tutta la Toscana, ed in particolare nel bacino dell'Arno, e produsse un impatto tremendo sul patrimonio storico, artistico e culturale, in particolare a Firenze. Molti capolavori del rinascimento Italiano, fra cui la chiesa di Santa Croce e la sua piazza, il Cristo di Cimabue, affreschi del Vasari, di Paolo Uccello e di Botticelli vennero danneggiati. Oltre 3000 oggetti d'arte e più di un milione e mezzo di documenti storici raccolti nel Museo di Santa Croce e nella Libreria Nazionale, posta a poche decine di metri dall'Arno, furono danneggiati e molti andarono distrutti. I danni alla popolazione furono rilevanti. In Toscana i morti furono 48 ed i dispersi 5, in cinque province. Gli sfollati ed i senzatetto furono oltre 46.600. L'inondazione dell'Arno a Firenze fu l'ultima di una serie di oltre 50 eventi alluvionali che hanno interessato la città a partire dal XII secolo, delle quali le più importanti e distruttive avvennero nel 1177, 1269, 1288, 1333, 1380, 1589, 1740, 1844 e nel 1864.
Cosa poco nota è che lo stesso evento meteorologico che provocò l'inondazione a Firenze, scaricò ingenti quantità di pioggia lungo tutto l'arco alpino orientale, nella pianura Veneta, e nella bassa pianura Padana, causando inondazioni e frane in Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed in Emilia-Romagna. Le vittime prodotte dalle frane e dalle inondazioni nell'Italia nord-orientale furono 88, in otto province: Bolzano (5), Trento (25), Belluno (29), Treviso (2), Venezia (3), Vicenza (5), Udine (15) e Pordenone (4). Il numero degli evacuati superò 42.000, di cui 25.800 in Veneto, 15.800 in Friuli-Venezia Giulia, 800 in Emilia-Romagna e 410 in Trentino-Alto Adige. Nella bassa pianura Padana e nella pianura Veneta furono inondati almeno 137 chilometri quadrati di territorio. Danni furono riportati in 209 comuni. Solo in provincia di Belluno vennero distrutti o danneggiati oltre 4300 edifici, 528 ponti e 1346 strade, alcune delle quali in più punti. A Venezia, il 4 novembre "l'acqua alta" raggiunse il livello di 194 cm e la città venne inondata da circa 1 metro d'acqua per oltre 15 ore. Si trattò dell'evento d'acqua alta più significativo a partire dal 1910.

 

 

Il 7 ed 8 ottobre 1970, Genova venne inondata dai fiumi Polcevera, Leiro e Bisagno, che superarono gli argini in più punti. Piogge localizzate ma molto intense, tipiche della costa ligure, fecero cadere 900 mm d'acqua in 24 ore, corrispondenti al 90% della pioggia media annua. I danni maggiori si ebbero a Genova, ma danneggiamenti si ebbero anche in altri 20 comuni delle province di Genova ed Alessandria. Due linee ferroviarie e molte strade furono interrotte in più punti dalle inondazioni e dalle frane. Le vittime furono 44, di cui 35 morti, 8 dispersi, ed un ferito. Gli sfollati furono oltre 2000, ed i senzatetto almeno 185. La perdita economica nella sola città di Genova fu stimata in 45 miliardi di lire (1970). Il danno al patrimonio artistico fu notevolissimo. Il pian terreno di decine di edifici storici, molti di epoca medioevale, furono allagati e lo rimasero per parecchie ore.

 

Il 13 dicembre 1982, alle 20:45, una grande frana profonda si mise in movimento immediatamente a nord del porto di Ancona. La frana coinvolse 342 ettari di terreno urbano e sub-urbano. L'esteso movimento franoso danneggiò due ospedali e la Facoltà di Medicina dell'Università di Ancona, danneggiò o distrusse completamente 280 edifici, per un totale di 865 abitazioni, divelse la ferrovia e danneggiò la strada costiera su di un fronte di circa 2,5 chilometri. La frana provocò anche danni alla popolazione. Si verificò una vittima, anche se indiretta (un paziente dell'ospedale morto di arresto cardiaco mentre veniva trasferito in ambulanza), e 3661 persone (1071 famiglie) vennero evacuate dall'area colpita dal dissesto. Circa 500 persone persero l'impiego. Una stima del danno economico prodotto dalla frana effettuata da David Alexander ammonta a 1000 miliardi di lire (1982).

Il 19 luglio 1985, alle 12:24, crollarono le strutture di ritenzione di due laghi artificiali utilizzati per scopi minerai nei pressi di Tesero, in Trentino. Il repentino svuotamento dei laghi produsse una colata di fango che si alimentò dell'acqua dei laghi e del materiale di scarto dell'estrazione mineraria di cui erano composte le opere di ritenzione, e produsse la più estesa colata di fango in Italia in epoca storica. Oltre 230 milioni di metri cubi di detriti, fango ed acqua colarono, a velocità sostenuta, lungo la valle del Torrente Stava, raggiungendo dopo solo 7 minuti dal crollo il paese di Tesero. Nel paese la colata di fango investì ed inondò diversi edifici, causando la morte di 268 ed il ferimento di almeno 30 persone. Almeno 70 edifici vennero distrutti o danneggiati. Il danno economico fu stimato in 8,5 miliardi di lire (1985).

Il 17-19 luglio 1987, in Valtellina (Lombardia), piogge intense e prolungate causarono centinaia di frane e colate di detrito, e l'esondazione in più punti del Fiume Adda e dei suoi tributari. Il 28 luglio, una valanga di roccia di 35 milioni di metri cubi si staccò dal Monte Zandilla, circa 7 km a sud di Bormio, e cadde nella valle dell'Adda, ostruendola. In totale si contarono 49 morti, 12 dispersi e 31 feriti. La sola valanga di roccia causò 27 morti e 9 feriti. A valle della grande frana vennero evacuate oltre 20.000 persone per diverse settimane. Danni vennero rilevati in 162 comuni, in 5 province (Sondrio, Como, Lecco, Bergamo e Brescia), per un danno economico totale valutato fra 1000 e 2000 miliardi di lire (1987).

 

Fra il 2 ed il 6 novembre 1994, l'Italia nord-occidentale venne interessata da un evento meteorologico particolarmente intenso. La regione più colpita fu il Piemonte, dove decine d'inondazioni e migliaia di frane causarono 172 vittime, fra cui 78 morti, un disperso e 93 feriti. Gli evacuati furono 9500. I danni interessarono 496 comuni, e furono particolarmente gravi per le infrastrutture. I ponti distrutti furono 10, e quelli danneggiati almeno 100. Nel Piemonte meridionale alcuni centri abitati rimasero isolati per diversi giorni a causa dei danni prodotti dalle frane in molti punti. Oltre 10.000 persone rimasero temporaneamente disoccupate. I danni maggiori si verificarono nella valle del F. Tanaro, ad Alba, Asti ed Alessandria. Le stime del danno economico prodotte dall'alluvione variano fra 15.000 3 25.000 miliardi di lire (1994), pari a 1,2% del prodotto nazionale lordo del 1994.

 

Il 19 giugno 1996, in Versilia oltre 150 mm di pioggia in 1 ora, ed oltre 450 mm di pioggia in 4 ore, causarono 13 morti e centinaia di senzatetto. Fu distrutto il paese di Cardoso e semi-distrutto Ponte Stazzemese.

Versilia 1996
Versilia, 19 giugno 1996 (Foto: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco)

Il 5 maggio 1998, un evento piovoso interessò il massiccio del Pizzo d'Alvano, ad est di Napoli. Le piogge, non particolarmente intense, innescarono numerose colate di detrito. Le colate interessarono i suoli vulcanici non consolidati e furono particolarmente distruttive. Gli abitati di Episcopio, Siano, Bracigliano e Quindici vennero inondati da ripetute ondate di fango e detriti. Si contarono 157 morti, 5 dispersi e 70 feriti, in almeno 13 diverse località. Gli sfollati ed i senzatetto furono centinaia. L'evento produsse un notevole impatto in tutta l'Itala ed all'estero, trasformandosi in un inedito evento mediatico e motivando l'emanazione di una nuova legislazione sulle procedure per la valutazione del rischio da frana e d'inondazione in Italia.

Sarno 1998
Sarno, 5 maggio 1998 (Foto: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco)

Il 10 settembre 2000 , un intenso evento piovoso provocò la piena del Torrente Beltrame a Soverato, in Calabria. Al Camping "Le Giare" l'inondazione causò 11 vittime, 4 dispersi e 25 feriti. Vi furono danni gravi e sfollati in tutta la calabria ionica.


Soverato 2000
Soverato, 10 settembre 2000 (Foto: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco)

Fra il 13 ed il 16 ottobre 2000, l'Italia nord-occidentale venne nuovamente interessata da un evento meteorologico particolarmente intenso. Nelle Alpi occidentali caddero fino a 600 mm di pioggia in 48 ore. Le piogge intense produssero numerose frane, colate di detrito ed inondazioni in Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria. I danni maggiori si ebbero in Valle d'Aosta. Le colate di detrito causarono la morte di 6 persone a Pollein e 7 a Fenis. A Donnas la Dora Baltea inondò gran parte del fondovalle. Ad Ivrea, la Dora Baltea inondò una parte della città. A Torino, il livello idrometrico del Po arrivò a pochi centimetri dal superamento degli argini. Al termine dell'evento, in tutta l'Italia nord-occidentale si contarono 37 fra morti e dispersi (18 in Valle d'Aosta, 5 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Trentino-Altro Adige e 10 in Canton Ticino in Svizzera), oltre 40.000 persone evacuate, ed almeno 3000 persone temporaneamente disoccupate. Il danno economico fu stimato in oltre 2.500 milioni di euro (2001).

 

 

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